lunedì 27 luglio 2009

Criminal Minds

Riportiamo di seguito una intervista esclusiva con un famoso criminologo forense, esperto riconosciuto in materia di crimini seriali.

- Dottore, di recente gli episodi dello stupratore seriale e del puttaniere seriale hanno riportato al centro dell’attenzione questo genere di individui. Desideriamo approfondire con lei, esperto in materia, questo delicato argomento.
- D’accordo. I criminali seriali, in effetti, offrono agli studiosi profili psicologici estremamente interessanti. Si tratta di personaggi il più delle volte apparentemente del tutto normali, ma in realtà assolutamente incapaci di relazionarsi emotivamente con il mondo che li circonda. Sarebbero in pratica coloro che generalmente vengono definiti sociopatici. Alla base delle loro azioni vi è la necessità impellente di concretizzare le fantasie che popolano in maniera ossessiva la mente, accompagnata dall’indifferenza assoluta nei confronti del ruolo che gli altri soggetti possono avere in questa rappresentazione. Si tratta di individui spesso dotati di fascino e carisma, ma l’aspetto esteriore costituisce solo la maschera che hanno imparato ad indossare per recitare il ruolo che la società gli riserva, e che nasconde in realtà una deserto affettivo popolato solo da pulsioni irrefrenabili.
- Ci può citare qualche esempio famoso?
- Certamente. Molti ricorderanno il caso di Ted Bundy, un serila killer che negli Stati Uniti ha stuprato ed ucciso più di trenta donne attorno agli anni 70. Nella vita di tutti i giorni era una persona brillante, colta ed intelligente al punto che, dopo la sua lunga battaglia legale, ancora poco prima di essere giustiziato riceveva moltissime lettere di sue fanatiche ammiratrici.
- E nei casi alla nostra attenzione in questi giorni?
- Beh, in una situazione specifica alla base non c’è la ricerca del piacere fisico quanto piuttosto l’ostentazione del potere. Le prostitute vengono invitate non tanto a partecipare ad un incontro sessuale, che rappresenta solo il momento conclusivo dell’esperienza, quanto ad assistere alla celebrazione rituale e seriale del potere, cioè il vero elemento patologico compulsivo di questi individui. Ecco così spiegata l’esistenza di feste che sono vere e proprie sublimazioni di un ego smisurato, nel corso delle quali verità e balle si mescolano in maniera quasi inconsapevole. Ingredienti di questi rituali risultano l’ostentazione della ricchezza, il culto ossessivo per l’estetica, la subalternità delle persone di corte, la rivisitazione continua delle immagini dei successi politici e personali (più presunti che reali), le balle tipo quella dei reperti archeologici, i grandi raduni con parate di splendide fanciulle e cortigiani, le promesse distribuite a piene mani di favolose ricchezze, carriere nel mondo dello spettacolo, candidature politiche. Il potere di questi soggetti in effetti, per quanto smisurato, acquista valore solo se può essere esibito. E ovviamente rappresenta la base della loro forza di seduzione.
- Cioè?
- Cioè in molti di coloro che assistono a questo reality scatta un meccanismo di identificazione, una suggestione forte che poi crea, a cascata, il grande consenso politico. Il sesso ovviamente ha la sua importanza, ma solo in quanto ulteriore elemento di potere, con le allusioni continue ad una voracità in realtà sproporzionata per un uomo anziano. D’atra parte è forse vero che, come sostengono in molti, il potere è il miglior afrodisiaco…
- E per quanto riguarda i soggetti, diciamo così, di contorno?
- Beh, si tratta in genere di personalità deboli, succubi, che subiscono il carisma dell’uomo, anzi che ne hanno bisogno essendo in realtà delle semplici ombre alla ricerca di un corpo fisico cui affrancarsi. Persone cioè di nessuno spessore. In altri casi potrebbe invece trattarsi di casi di puro e semplice interesse personale: tutti hanno un prezzo, come è ben noto…
- Allora diciamolo chiaramente, lei ha in mente un esempio concreto di persona?
- Certamente. Oggi in realtà un individuo del genere potrebbe avere responsabilità di governo solo in un'ipotetica repubblichetta delle banane. Io pensavo all’imperatore romano Caligola, quello che fece senatore il proprio cavallo…O forse era una pecora?