venerdì 25 settembre 2009

Un nano all'Onu

“Cribbio, ma ha detto esattamente ciò che volevo dire io”. Ovviamente tutti hanno pensato si riferisse a Gheddafi, che aveva appena finito di insultare mezza mondo: l’Onu, gli Stati Uniti, l’influenza suina che ovviamente è stata creata in un laboratorio di qualche multinazionale, il Vaticano ed Israele, riservando riconoscimenti solo a due persone: Silvio e Saddam. Invece avevano tutti frainteso: lui si riferiva ad Obama! Così, dopo aver scodinzolato per anni attorno al ranch dell’amico George tra una pisciatina ed una bombetta (poco) intelligente, adesso il cainano fa le fusa e si struscia addosso ai calzoni di Barak.

Il presidente abbronzato in effetti era stato come sempre molto convincente: ogni volta che lo ascoltiamo siamo sempre più costretti a confrontarci con l’inadeguatezza imbarazzante di chi pretenderebbe di rappresentarci. Ma quali sarebbero esattamente i contenuti espressi da Obama che il porno premier avrebbe volentieri fatto suoi? “Guardate, la nuova America è quella che chiude Guantanamo e rifiuta la tortura. Le nostre azioni sono coerenti con i diritti umani” . Da noi invece comanda la Lega e dunque si introduce reato di immigrazione clandestina e si sprofondano profughi nel Mediterraneo, oppure si spediscono nei lager dell’amico Gheddy. “Come afro-americano non dimenticherò mai che non sarei qui se non ci fosse stata nel mio paese una costante ricerca di un’unione migliore”. Da noi detta legge un partitino razzista che è contrario a prescindere ad ogni forma di integrazione: caro Obama, se personaggi come Bossi, Salvini o Maroni fossero stati americani, tu negli Usa non saresti neanche riuscito ad entrare. D’altra parte Calderoli di recente l’ha detto chiaramente: “Guai a dare il voto agli immigrati, non vorremmo trovarci anche noi con un presidente abbronzato”. Beccati questa, tiè! ”Noi siamo per il disarmo nucleare, vogliamo il risanamento ambientale del pianeta”. In Italia invece riapriamo le centrali nucleari e dell’ambiente, a partire da quello in cui viviamo, ce ne strafottiamo a tal punto da inabissarci navi colme di rifiuti nei nostri stessi mari. “La vera leadership non si misura nella capacità di soffocare il dissenso”, da noi invece si pianifica la strategia del terrore, si killera attraverso il giornale di famiglia qualunque avversario utilizzando dossier-spazzatura, ci si propone di mettere i bastoni tra le ruote in ogni modo alle poche trasmissioni scomode rimaste. “La democrazia non può essere imposta ad uno stato estero con la forza, ogni società deve cercare la propria strada. Gli Usa non rinunceranno ad essere al fianco di chi lotta per la libertà, ma da soli non possiamo farcela”. Perfetto: esattamente il contrario dei capisaldi delle teorie di George Bush e dei suoi Neocon che tanto facevano impazzire la nostra destra allora filoamericana. Dunque, ma quale cazzo avresti voluto dire delle cose pronunciate da Obama, se corrispondono esattamente al contrario di tutto ciò che fate in Italia?
In effetti la tragedia della nostra politica estera è questa: abbiamo un bulletto che spadroneggia in patria grazie al suo smisurato potere mediatico-economico ed ai servizi delle schiere di maggiordomi plaudenti, ma quando esce dai confini è capace solo di pizzicare le chiappe alle signore e cercare ansiosamente uno straccio di riconoscimento dando ragione a tutti, altro che migliore di sempre: di gran lunga il peggiore! Se domani arrivasse un nuovo presidente Usa a dire che dobbiamo girare con uno scolapasta in testa, lui sarebbe il primo ad indossarlo (assieme a Sandro Bondi, ovviamente). In realtà gli unici che davvero lo capiscono sono Putin e Gheddy: li accomuna infatti una simile idea della democrazia e della gestione del dissenso.
Insomma, bisogna riconoscerlo: il destino a volte sa essere davvero crudele: al mondo c’è infatti chi può permettersi Barak e chi invece deve accontentarsi di Obanana: noi.