giovedì 10 settembre 2009

Cosa sua

C’è davvero poco da scherzare: un presidente del consiglio della Repubblica Italiana che esibisce una faccia come il culo tale da permettersi di scagliarsi contro quei magistrati che cercano di far luce sui misteri della stragi, e sui rapporti oscuri tra mafia e politica, dovrebbe generare un’ondata di ribellione ed un’indignazione collettiva pari ad uno tsunami in grado di travolgerlo una volta per tutte. Invece non succede proprio niente: ai leghisti ed agli ex fascisti, ad esempio, papi oltre alle palle ha mozzato anche la lingua? Il povero Borsellino in fondo era un gentiluomo di destra, possibile che nessuno ricordi parole e contenuti della sua celebre ultima intervista? Eppure, nonostante l’implacabile censura televisiva, basta andare su Youtube per ascoltarla integralmente e farsi un’idea ben precisa su come allora andavano le cose. Invece qui si continua a delirare su fantomatici complotti eversivi, ci si divide tra ultrà delle toghe anti cainano e ultrà delle toghe anti Tonino, ci si sollazza a parlare di mignotte ( argomento assai più intrigante, bisogna riconoscerlo), si sbandierano sondaggi di gradimento che, se confermati, sarebbero spia fedele di un paese sull’orlo di una crisi di nervi (d’altra parte alle spie fedeli di papi, purtroppo, siamo tutti quanti abituati).
Forse basterebbe riportare alla memoria alcuni piccoli particolari, in realtà ben conosciuti da chiunque possa, o voglia, permettersi di pensare con la propria testa. Negli anni della caduta della cosiddetta Prima Repubblica Cosa Nostra, vedendo crollare i suoi storici referenti politici ed istituzionali, decise di alzare il tiro nei confronti dello stato. Ebbe così inizio un’epoca di attentati e stragi che costarono la vita, tra gli altri, a uomini del valore di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, colleghi di coloro che oggi si ritrovano messi alle corde dal cainano. In quegli anni papi, assillato da problemi finanziari e consapevole delle imminenti tempeste giudiziarie ormai alle porte ( che risultano dunque ANTECEDENTI alla celebre discesa in campo), decise di fondare il suo nuovo partito, Forza Italia, potendo contare sull’aiuto del vecchio amico Marcello Dell’Utri. Quella stessa persona, cioè, successivamente condannata in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa e che anni addietro l’aveva agganciato a Vittorio Mangano, riconosciuto uomo d’onore e testa di ponte di cosa Nostra nell’Italia settentrionale. Numerosi pentiti hanno più volte riferito che le famiglie guardarono con favore, quando non appoggiarono apertamente, il nuovo partito i cui obiettivi, in particolare in materia giudiziaria, erano ritenuti assai più affini ai loro interessi di quelli della sinistra. Le stragi cessarono e Forza Italia conobbe in Sicilia successi elettorali senza precedenti, superiori a qualsiasi aspettativa.
Senza pretendere di voler scolpire chissà quali verità, ci chiediamo come un simile personaggio, dall'alto delle sue responsabilità istituzionali, possa permettersi di definire pubblicamente il mafioso Mangano un eroe in vitrù della sua omertà, per poi etichettare i successori di Falcone e Borsellino come eversori e sperperatori di denaro pubblico!

Sopravvivono in questo paese sfortunato brandelli di una coscienza civica degna di una destra moderata e liberale, oppure Berlusconi se li è comprati tutti assieme a camerati, ex socialisti e secessionisti di ogni genere?

“…Io debbo prendere congedo dai miei lettori perché il congedo l’ho preso negli ultimi tempi dalla stessa Italia…Credemmo che l’Italia si fosse liberata, sia pure a carissimo prezzo, di un regime che le aveva impedito di essere se stessa. Ed invece non era affatto cambiata. Erano cambiate le forme, ma non la sostanza. Era cambiata la retorica, ma era rimasta retorica, erano cambiate le menzogne, ma erano rimaste menzogne. Erano soprattutto cambiate le mafie del potere e della cultura, ma erano rimaste mafie…L’Italia è ben presto finita nelle mani di un oligopolio che di interesse ne aveva uno solo: che il potere restasse “ Cosa nostra”. In questo sistema abbiamo cominciato a veder corrompersi tutto, a cominciare dallo stato..Di questo processo di corruzione responsabile non è stata solo la classe politica, perché se è vero che questa si è dimostrata corrotta e corruttrice, è altrettanto vero che al potere è rimasta sempre con il nostro voto . ..La degenerazione mafiosa della democrazia si verificò sotto gli occhi indifferenti o ipocritamente indignati di un’opinione pubblica assuefatta alle mafie da secoli. La cultura italiana è nata nel palazzo ed alla mensa del principe, laico o ecclesiastico che fosse…il quale ovviamente se ne faceva ripagare non solo con la piaggeria, ma anche con la difesa del sistema su cui si fondavano i suoi privilegi. Così si formò quella cultura parassitaria e servile…che cerca sempre un principe cui mettersi a servizio.
…Ho smesso di credere all’Italia: sangue non ce ne sarà, siamo allergici al dramma e per la patria nessuno è più disposto ad uccidere, tantomeno a morire. Dolcemente, come anestetizzati, torneremo ad essere quella terra di morti abitata da pulviscolo umano che Montaigne aveva descritto tre secoli orsono. O forse no: rimarremo un conglomerato impegnato a discutere con grandi parole, a copertura di piccoli giochi di potere. L’Italia è finita. O forse non è mai nata. O forse è esistita solo nella fantasia di pochi sognatori ai quali abbiamo avuto la disgrazia di appartenere. Per me non è più la patria, è solo il rimpianto di una Patria”

( Indro Montanelli, 22-04-1909/ 22-07-2001)

Così parlò un grande giornalista conservatore, ma con la schiena ben dritta, poco prima di morire. Fondatore del Giornale nel 1974, defenestrato nel 1994 da Silvio Berlusconi in quanto non disponibile a farne la sua gazzetta personale

Chissà se a qualcuno fischiano le orecchie..