venerdì 1 gennaio 2010

Il cielo sopra Bettino

La decisione del sindaco di Milano di intitolare una strada, o più pudicamente un giardino comunale, a Bettino Craxi ha riaperto l’eterna diatriba tra il partito dei giustizialisti forcaioli (in pratica: servitori dello stato che cercano solo di fare il loro mestiere non guardando in faccia a nessuno e pagando spesso anche un prezzo salatissimo) e quello delle verginelle caste ed innocenti che si trascina da almeno vent’anni, aggiornata e corretta in base alle multiple disavventure processuali di Cicciolino 1°, imperatore di Patonzia. Le vedove di San Bettino, con il cuore ancora straripante di rancore anticomunista, continuano a strepitare ed a pretendere a gran voce l’ennesimo solenne pentimento, con tanto di capo cosparso di cenere e di bitume, sul genere “cranio del Santo dell’amore”. Una pacificazione seria e credibile dovrebbe in realtà tener conto delle ragioni di tutti e soprattutto basarsi su dati storici, più che lasciarsi trasportare da umori tendenti all’isteria allo stato puro. Craxi fu indubbiamente un politico di razza, e per molti aspetti la sua azione introdusse elementi di modernizzazione nella società. Tutto da dimostrare però il fatto che l’esaltazione del leaderismo ed il culto supremo del capo abbiano rappresentato un fattore di progresso, di sicuro hanno spianato la strada e reso fertile il terreno in vista della futura discesa in campo del figlioccio politico Cicciolino. La storia ha reso giustizia a Craxi in tante vicende controverse, dalla scala mobile all’affare Sigonella, fino al sostegno convinto della causa palestinese. Purtroppo per lui e per i suoi cantori però si ricordano anche le condanne in via definitiva per reati molto gravi ( difficile di fronte a sentenze di terzo grado starnazzare contro la persecuzione politica ed il complotto del partito dei giudici), accuse dalle quali lui non si dichiarò innocente, ma replicò richiamando il parlamento a responsabilità collettive e rifugiandosi dietro presunte finalità di natura politica ( in realtà non era proprio così).
Il clima all’epoca era pesantissimo per tutta la casta, falcidiata dalle inchieste giudiziarie ( sinistra compresa, al di la della favoletta che vorrebbe il Pci risparmiato dalle toghe rosse: clamoroso falso storico con finalità propagandistiche al pari delle teorie secondo le quali papino non sarebbe mai stato inquisito prima della discesa in campo e sia sempre stato assolto in centinaia di processi. Che in realtà risultano sedici con una sola assoluzione, e poi giù con prescrizioni, impunità e depenalizzazioni a volontà). Il paese allora scese in piazza al fianco dei magistrati, ed in prima fila c’erano proprio leghisti e missini, guarda caso gli odierni alleati delle vedove di San Bettino. Ma soprattutto c’era lui: Cicciolino, con tutto il coro delle sue televisioni e dei giornalisti in busta paga. Un vero ingrato davvero, visto che buona parte dei denari occultati nei conti esteri dal vecchio leader li aveva versati lui stesso in cambio di leggine “ad papinum ante litteram”, grazie alle quali riuscire ad esempio a raggirare quelle norme che allora gli avrebbero impedito di trasmettere su tutto il territorio nazionale. Ma questa è storia nota, anche se sapientemente occultata dalla propaganda di regime. Bene ha fatto dunque almeno stavolta il capogruppo della lega nord al comune di Milano, quel Matteo Salvini da noi tante volte criticato per la sua xenofobia, a ricordare ai suoi compagni in camicia verde come la città possa sicuramente trovare personalità meno controverse alle quali intitolare le proprie strade e le proprie piazze. I bugiardoni storici sostengono anche che il Pci - Pds fu il beneficiario della rivoluzione giudiziaria. Altro clamoroso falso, come risultò ben evidente negli anni seguire. Il vero beneficiario fu un papino allora molto mal messo dal punto di vista finanziario e scopertosi perdipiù privato dei suoi vecchi padrini politici. Ma al quale si aprirono immense praterie di voti anticomunisti in libera uscita ed in cerca disperata di un padrone che lui, vecchio volpone della pubblicità, seppe sapientemente impacchettare nello scintillante contenitore della nuova- vecchissima Forza Italia creata assieme al fido Dell’Utri, l’amico palermitano di Vittorio Mangano. E che ebbe poi l’abilità, complice anche l’opportunismo degli interlocutori, di affiancarsi ai vecchi nemici della prima ora: i leghisti addomesticati e inflacciditi dal ponentino ed i missini ripuliti nell’acqua di Fiuggi e pronti ad indossare la livrea da perfetti maggiordomi.
Bettino d’altra parte avrebbe potuto collaborare con la giustizia e contribuire a smascherare definitivamente quel coacervo di corruzione ed immoralità diffusa in cui si era ridotta la decadente prima repubblica, dimostrandosi così veramente e fino in fondo un uomo di stato. Scelse invece la fuga e la latitanza (l’esilio è ben altra cosa), il resto è storia nota.
In conclusione il sindaco di Milano faccia ovviamente come ritiene più opportuno, ma un consiglio ci sentiamo in dovere di darglielo: controlli bene prima che nella via prescelta non vi siano banche oppure uffici postali…