venerdì 2 gennaio 2009

Lettera alla posta di Corrado Augias (Repubblica) sull'Aborto

Gentile dott.Augias,
leggo lettere quale quella pubblicata il primo maggio e mi arrabbio anche io. Sono un ginecologo ospedaliero, tenacemente laico, quanto di piu' lontano possibile da battaglie quali quelle di Ferrara, non mi sognerei mai una societa' che rimette le donne in mano alla piaga della clandestinita', ne mi permetto di giudicare qualcuno per le scelte che dolorosamente compie. Ho praticato gli aborti per anni, ad un certo punto non ce l'ho fatta piu',tutto qui. Non c'entra la coscienza, tanto meno la carriera, che assai poco mi interessa ed infatti non faro'. Vedevo questi embrioni in ecografia e ne registravo il battito cardiaco, i movimenti, poi in sala operatoria li aspiravo come poltiglia, a volte a parte un frammento di braccio, a volte di gamba ....Molti parlano di aborto come fosse solo politica, ma innanzitutto si tratta di un atto chirurgico, spesso estremamente cruento. Ciascuno di noi ha un limite, io evidentemente avevo raggiunto il mio. Bisognerebbe tenere conto che esiste anche questa motivazione, tra le tante di chi obietta,e possibilmente rispettarla. E bisognerebbe tener conto che praticare aborti anche se gli fa schifo, per molti giovani colleghi e' l'unico modo di avere una possibilita'lavorativa, magari dopo anni di frustrante gavetta. Penso di essere una persona aperta, ma anche io non vorrei avere tra coloro che scelgono di aver fiducia in me quelli che mostrano la tolleranza della signora della lettera firmata. Nella convinzione di esprimere una posizione sicuramente minoritaria, porgo distinti saluti,
V.G.